Videosorveglianza - Cassazione Penale: il consenso dei lavoratori non sostituisce l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro ai fini dell’installazione di telecamere sul posto di lavoro
Con una recentissima sentenza del 24 agosto 2018, la sezione penale della Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il delicato tema del controllo a distanza dei lavoratori effettuato mediante sistemi di videosorveglianza installati sul posto di lavoro.
I reati contestati all’imputato datore di lavoro erano quelli previsti dagli articoli 4, comma II e 38 della Legge 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”), ovvero la violazione, da parte di quest’ultimo, del divieto di controllo a distanza dei dipendenti durante l’espletamento delle mansioni lavorative.
Nel caso di specie l’imputato, titolare di un bar-gelateria, aveva proposto ricorso in cassazione contro la sentenza del Tribunale di Chieti con la quale era stato condannato al pagamento dell’ammenda di euro 800,00 per aver installato quattro telecamere collegate ad un monitor e ad un apparato informatico, in modo tale da avere una visione completa di ciò che accadeva sul posto di lavoro.
Il sistema di videosorveglianza era stato installato a seguito dell’aggressione subita da una dipendente del bar-gelateria da parte di persone in stato di ebbrezza e di un altro episodio di furto all’interno dei locali aziendali.
Pertanto, il datore di lavoro, al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori e il patrimonio aziendale, aveva predisposto il suddetto sistema, ottenendo previamente il consenso esplicito dei propri dipendenti all’utilizzo delle telecamere che li riprendevano durante l’espletamento delle loro mansioni.
Il Tribunale di Chieti ha correttamente considerato violati gli articoli 4, comma II e 38 dello Statuto dei Lavoratori, dal momento che l’installazione del sistema di videosorveglianza non è stata preceduta dalla stipula di un accordo con le Rappresentanze Sindacali Unitarie (“RSU”) ovvero dal rilascio dell’autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, come dettagliatamente previsto dalla procedura di cui al citato articolo 4.
La Suprema Corte ha confermato l’orientamento del giudice di prime cure, rigettando il ricorso proposto dal datore di lavoro, mediante il quale si cercava di dare rilievo scriminante al fatto che i dipendenti del bar-gelateria avessero espresso il loro consenso esplicito all’installazione delle telecamere.
La Corte di Cassazione, seguendo un orientamento ormai consolidato, infatti, ha ribadito che “[…] la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970 n. 300) sia integrata con l’installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, anche quando, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa, la stessa sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti (Sez. 3, n. 22148 del 31/01/2017, RV. 270507)” ed è giunta alla seguente conclusione: “il consenso del lavoratore all’installazione di un’apparecchiatura di videosorveglianza, in qualsiasi forma (scritta od orale) prestato, non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni dettate dalla fattispecie incriminatrice, e dunque la doglianza della ricorrente sul punto si ritiene infondata, non assumendo alcun valore esimente la mancata opposizione dei lavoratori (ritenuta peraltro dalla ricorrente, in via di interpretazione ipotetica, consenso implicito) all’istallazione delle videocamere di cui all’imputazione.”
Pertanto, il ricorso del datore di lavoro è stato rigettato con condanna al pagamento delle spese processuali.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza depositata il 24 agosto 2018 n. 38882)